Falerno del Massico, mito e realtà
Il Falerno del Massico, come non molti ben sanno, ha discendenze nobili, potremmo addirittura definirlo l’erede del vino degli imperatori romani, il mitico Falernum, il vino più apprezzato, ricercato, osannato e ovviamente costoso del mondo antico. Gran parte dei poeti e scrittori latini, da Plinio a Marziale, da Orazio a Cicerone sino a Catullo hanno decantato ed esaltato le sue qualità. Silvio Italico fa discendere la nascita di questo vino direttamente dal dio Bacco, che volle premiare l’ospitalità e la generosità di un vecchio contadino di nome Falerno facendo nascere sulle pendici del Monte Massico “viti lussureggianti”.
Non è blasfemo considerarlo, a suo modo, la prima vera DOC o il primo Grand Cru della storia, basti pensare che ogni anfora di Falernum era chiusa ermeticamente con tappo munito di pitaccium, una sorta di targhetta nella quale venivano indicate il luogo di origine del vino e la sua annata ! Cari amici, parliamo di un vino di 2000 anni fa !
La fama di questo vino scompare esattamente con la scomparsa e la decadenza dell’Impero Romano, una relativa rinascita avviene durante il periodo borbonico, grazie ai rilevanti lavori di bonifica effettuati nell’intero agro campano ma è soprattutto negli ultimi due decenni che per merito di una manciata di produttori e di enologi, bravi e coraggiosi, il Falerno è rinato, ottenendo una DOC con DPR nel 1989 (recentemente modificata con DM nel 2011), che ne prescrive tre tipologie: un Falerno bianco, ottenuto con falanghina in purezza e due rossi, uno a base di aglianico (60-80%) e piedirosso (20-40%), l’altro a base di primitivo (min. 85%), quasi sempre in purezza.
Per i nuovi impianti e reimpianti sono previsti un numero di ceppi non inferiori a 3.500 e forme di allevamento a filare. Per la tipologia rosso la percentuale minima prevista di alcol è di 12,5%, per la tipologia primitivo è di 13%; entrambi i vini possono fregiarsi della denominazione “riserva” dopo un invecchiamento minimo di 2 anni.
Come si vede è una “normale” DOC, nel senso che non si discosta dalla media dei contenuti di questo tipo di disciplinari e che tiene conto, in buona parte, delle abitudini e consuetudini agro-enologiche dei luoghi. Tuttavia sento il dovere di dissentire e spiego il perché.
Se è vero, com’è vero, che l’attuale Falerno del Massico non può né potrà mai essere ciò che fu l’antico Falernum, nondimeno un certo collegamento con quel vino lo deve avere. Ora una denominazione che si richiama al Falernum non può che essere di un’unica tipologia, a bacca rossa. La DOC, invece, prevede tre tipologie di vino, di cui una con vitigno a bacca bianca e per di più falanghina della quale, in Campania, non mi pare si senta la mancanza, visto che entra, in purezza o in parte, minimo in una decina di disciplinari DOC: in buona sostanza, un Falerno del Massico bianco/falanghina non ha alcun senso sia storico che commerciale.
Arriviamo alle altre due tipologie: un uvaggio campano di aglianico e piedirosso e il primitivo in purezza. Anche qui taglio corto: la mia preferenza va all’ uvaggio campano perché l’aglianico quasi certamente era lo stesso vitigno utilizzato per il Falernum e non poche sono le probabilità che ne facesse parte lo stesso piedirosso, mentre, al contrario, credo che difficilmente il primitivo, vitigno storicamente legato al territorio pugliese e lucano, potesse farne parte. Così come previsto dal disciplinare abbiamo due Falerno del Massico, e seppure entrambi di ottima qualità, non c’è alcuna possibilità di confronto dal punto di vista organolettico: sono due vini completamente diversi. In tal modo si “rinnega” la storia e si fa anche un danno di immagine e quindi commerciale. Faccio un esempio facile facile: immaginate due Barolo, uno a base vitigno nebbiolo ed un altro prodotto con un taglio di barbera e freisa, avrebbe, secondo voi, un senso ?
Bene, ho detto la mia opinione, ma ora passiamo alla degustazione in cui ho preso in esame quattro Falerno del Massico, due da uvaggio aglianico e piedirosso e due da primitivo in purezza.
Seguendo l’ordine alfabetico, parliamo per primo del Falerno del Massico Etichetta Bronzo 2009, gr. 13,5%, dell’azienda MASSERIA FELICIA di Sessa Aurunca (CE); questo Falerno fatto con uve aglianico ((80%) e piedirosso (20%), si presenta con un colore rosso rubino cupo con unghia granato, bouquet complesso e austero, oserei dire brunelleggiante, per le sue note selvatiche e mediterranee, all’assaggio viene confermata questa austerità, specie tannica, con un finale lievemente speziato. Fra l’ottimo e l’eccellente.
Parliamo ora del Falerno del Massico Primitivo 2009, gr.14,5%, dell’azienda MOIO di Mondragone (CE). Vino di imponente struttura da uva primitivo in purezza, profumi nettissimi di confettura di frutti di bosco e spezie (pepe nero su tutte), sentori minerali. Sapore nettamente dominato ancora dai tannini, stemperati dalla forza dell’alcol. Vino ottimo.
Passiamo al Falerno del Massico Campantuono 2008, gr. 15%, dell’azienda PAPA di Falciano del Massico (CE), prodotto con uva primitivo in purezza da vigne che superano gli ottanta di vita, è un vino che fa della potenza il suo credo, specialmente dal punto di vista gustativo, ma anche i profumi non sono da meno: frutta rossa matura e tonalità foxi in primis segue una scia di varie spezie. Vino fra l’ottimo e l’eccellente.
Last but not least, il Falerno del Massico Rosso Camarato 2007, gr.14%, dell’azienda Villa Matilde di Cellole (CE). Un breve incipit: si deve alla famiglia Avallone, proprietaria di Villa Matilde, il recupero e la valorizzazione di questo vino, la sua rinascita in tutti i sensi. Questo Falerno è prodotto con un uvaggio di aglianico (80%) e piedirosso (20%), il colore è ancora rubino ma tende al granato, i profumi sono complessi e vari: dal fruttato allo speziato, dal selvatico alle erbe aromatiche ma tutto nelle giuste proporzioni, nessuna sovrapposizione, un mirabile equilibrio che si ripercuote nell’assaggio dove potenza e finezza trovano un giusto amalgama. Vino eccellente !
Non c’è che dire: gli imperatori romani avevano buon gusto, è veramente un bel bere: lunga vita al Falerno del Massico e……alla salute, fratelli.
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