Franciacorta…signori e signore, in piedi !
L’origine del nome è argomento tanto discusso quanto privo di una soluzione definitiva. La più plausibile è quella legata al termine latino curtes francae. Nel medioevo, infatti, queste terre erano di proprietà dei monasteri dell’ordine benedettino, i quali in cambio dei prodotti dei loro campi come ortaggi, cereali e vino, godevano di numerose franchigie, fra le quali l’esenzione dai tributi dovuti all’Impero, da cui il termine corti franche, nel tempo trasformatosi in franciacorta.
Un’altra versione, più fascinosa che realistica, fa derivare il nome dal fatto che in tali zone, durante l’assedio della longobarda Brescia da parte dei Franchi, Carlo Magno vi stabilì l’accampamento delle sue truppe. L’Imperatore trovò che quei territori erano come una “piccola Francia”, e ordinò che così fosse chiamata l’intera zona.
Comunque la si voglia intendere la storia della Franciacorta affonda le sue radici lontano nel tempo, e per quanto concerne il vino già nel periodo rinascimentale si ottenevano dei vini “mordaci”, ossia spumeggianti. Nel 1570, infatti, viene pubblicato il “Libellus de vino mordaci” del medico bresciano Gerolamo Conforti, tra i primi testi al mondo, e in netto anticipo delle “prescrizioni” dell’Abate Dom Perignon, in cui si descrivono le modalità tecniche per la produzione di vini a fermentazione naturale in bottiglia. Questi vini “dal sapore piccante o mordace che non seccavano il palato, come i vini acerbi e austeri (…) e non rendevano la lingua molle come i vini dolci” , secondo il Conforti, possedevano, fra l’altro, non pochi pregi terapeutici.
Al di là dei vini “mordaci” o spumeggianti la vite in Franciacorta è stata coltivata dalla notte dei tempi, ne hanno parlato autori classici come Plinio e Columella, e indubbiamente furono i Romani a diffondere e sviluppare, più di ogni altro popolo e civiltà, la sua coltivazione.
Tralasciando 20 secoli di storia vitivinicola e arrivando ai nostri giorni (quasi) possiamo dire che le “vicende” che ci interessano iniziano con il riconoscimento della DOC Franciacorta avvenuta nel 1967, fortemente voluta da un pugno di produttori. Da allora, con un progredire positivo, si arriva agli anni ’80 quando la maggioranza dei viticoltori franciacortini scelgono la rifermentazione in bottiglia (metodo classico o champenois) abbandonando quella in vasca.
Le basi dell’odierno splendido successo nazionale e internazionale dei spumanti di Franciacorta o, per meglio dire, del Franciacorta tout court sono messe in quel decennio, gli anni ’80 – fra l’altro il decennio decisivo della rinascita enoica italiana – che vide l’ingresso di lungimiranti imprenditori che investirono in mezzi (nuove tecnologie) e uomini (enologi, agronomi) valorizzando, in tal modo, la qualità del prodotto tanto da imporlo sulla scena mondiale.
La denominazione Franciacorta comprende un areale che parte dalla punta meridionale del Lago d’Iseo, raggiunge ad est le colline intorno Gussago , ad ovest il Monte Alto e a sud il Monte Orfano. In questa sorta di “anfiteatro” morenico, dovuto allo sviluppo dei ghiacciai, nell’era geologica terziaria, e dal loro successivo ritiro, il suolo creato risulta ricco di sabbia e limo, povero di argilla, pieno di ciottoli, per tale motivo caratterizzato da elevata permeabilità e mineralità che, non a caso, riscontriamo nella eleganza, complessità e struttura dei Franciacorta.
Il clima della Franciacorta è tipicamente continentale e padano ma la contiguità con il Lago d’Iseo lo rende sensibilmente più mite rispetto ad altre zone limitrofe dove l’afa d’estate e il freddo d’inverno la fanno da padrone, ne sono tangibile testimonianza la presenza in luogo dell’ulivo e, non di rado, di piante tipicamente mediterranee.
La Franciacorta è un territorio assolutamente particolare dove la natura e l’uomo insieme sono riusciti a creare qualcosa di unico e difficilmente ripetibile. Anche se in Italia siamo abituati alla particolarità e alla bellezza dei paesaggi vitivinicoli, basti pensare alle Langhe, alle Cinque Terre, alle Terre Senesi e al Chianti, alle Colline Friulane, ai terreni vulcanici dell’Etna, di Pantelleria e delle Eolie, nondimeno non possiamo ogni volta non meravigliarci di fronte agli spettacoli naturali e culturali che questo nostro inimitabile Paese è in grado di offrire al mondo intero.
La Franciacorta, fra l’altro, è un modello viticolo che ama il continuo cambiamento, insomma non si contenta mai dei risultati raggiunti. Vi è un desiderio quasi maniacale di approfondire le conoscenze in campo enologico e agronomico in stretto collegamento con le nuove esigenze di una viticoltura rispettosa dell’ambiente naturale e della salute degli uomini.
Possiamo dirlo senza temere smentite che è un terreno salubre dove si producono vini sani ed eccellenti dal punto di vista organolettico. Questa, d’altronde, è la nuova frontiera della viticoltura italiana: grande qualità in simbiosi con grande amore verso la natura e l’ambiente in cui si vive.
Le forme di allevamento prescelte sono quelle ormai più diffuse ossia guyot e cordone speronato e, grazie al modello biologico o comunque rispettoso degli equilibri naturali scelto dalla stragrande maggioranza dei viticoltori , le vigne sia per proteggere il suolo sia per aumentare le sostanze organiche presenti sono inerbite quasi tutto l’anno.
I vitigni utilizzati per la produzione del Franciacorta sono quelli “classici” per la produzione degli spumanti di qualità, ossia lo chardonnay e il pinot nero, con una piccola “porzione” spettante al pinot bianco che ormai occupa poco meno del 5% della superficie totale vitata.
Lo chardonnay rappresenta attualmente circa l’80% delle uve coltivate e ciò grazie alle intrinseche qualità organolettiche del vitigno (fragranza, freschezza, aromi, struttura) ma anche alle scelte dei produttori sulla tipologia degli spumanti (si pensi al grande successo dei satén fatti con il 100% di chardonnay).
Il pinot nero è il secondo vitigno e occupa circa il 15%-20% dell’areale della denominazione. Vitigno tanto nobile quanto bizzoso ma in grado di dare una qualità straordinaria ai vini spumanti. E’ impiegato, oltre che nei rosé, principalmente nei millesimati e nelle riserve dove sono richiesti grande struttura e complessità aromatica.
Il pinot bianco è utilizzato solo nelle cuvée alle quali dona eleganza e fragranza.
A dire il vero, da alcuni anni a questa parte, i produttori di Franciacorta stanno sperimentando altri vitigni storici e autoctoni per valutare sia le loro qualità nei confronti della spumantizzazione sia la possibilità di poter utilizzare uve con maturazione tardiva in grado di sopportare le stagioni estive sempre più lunghe e torride. Fra questi ha dimostrato caratteristiche che sembrano rispondere ad entrambe le esigenze l’autoctono erbamat: matura tardivamente (quasi inizio ottobre) e sviluppa una acidità elevata in grado di donare la necessaria freschezza richiesta negli spumanti.
Di seguito sono riportate le mie valutazioni, organolettiche e di punteggio, di otto Franciacorta degustati nel corso di quest’ultimi tre anni che mi hanno impressionato per qualità e originalità.
In ordine alfabetico aziendale:
BARONE PIZZINI – Franciacorta Dosaggio Zero Bagnadore Riserva 2011 , alc. 12%– (biologica certificata). Uvaggio di chardonnay (60%) e pinot nero (40%). Brillante, perlage di bollicine fitte e persistenti, contraddistinto da un bouquet primaverile di fiori di campo ed erbe aromatiche, seguono spezie delicate (zenzero, pepe bianco. Freschezza e sapidità in evidenza con finale agrumato. Quasi sei anni sui lieviti. Eccellente. Voto: 91
BELLAVISTA – Franciacorta Extra Brut Vittorio Moretti Riserva 2011, alc. 12% – (biologica). Uvaggio “classico” di chardonnay (60%) e pinot nero (40%), si presenta con un meraviglioso paglierino tanto carico quanto splendente, attraversato da un perlage infinito e finissimo. Olfazione di una eleganza assoluta dove il tiglio e la magnolia vengono accerchiate dalle erbe aromatiche come la menta e la maggiorana, per concludere con inebrianti sentori di pasticceria e di spezie. Il gusto è altrettanto imponente quanto equilibrato e persistente. Freschezza, sapidità e morbidezza tutte al posto giusto. Cinque anni sui lieviti. Un autentico (da sempre) fuoriclasse. Eccellente, a dir poco. Voto: 95
CA’ DEL BOSCO – Franciacorta Dosage Zéro Noir Vintage Collection Riserva 2010, alc. 12,5% – (biologica certificata). Pinot nero in purezza, classico brillante paglierino, perlage fine e fittissimo. Olfatto suadente di frutta matura estiva (melone, mango, ananas), erbe aromatiche, un’intensa mineralità e freschezza caratterizzano l’assaggio. Finale lunghissimo. Oltre 9 anni sui lieviti. Eccellente. Voto: 93
LE MARCHESINE – Franciacorta Dosage Zéro Secolo Novo Riserva 2011, alc. 13% (lotta integrata). Chardonnay in purezza, giallo paglierino brillante, stupendo perlage. All’olfazione è presente l’intera famiglia degli agrumi, in evidenza il pompelmo, erbe aromatiche di contorno. Fresco e sapido al punto giusto, potente struttura. Sei anni sui lieviti. Ottimo/eccellente. Voto: 90
MONTE ROSSA – Franciacorta Brut Rosé Cabochon Riserva 2008, alc. 12,5% (convenzionale). Uvaggio in perfetto equilibrio di chardonnay e pinot nero, per gli occhi un elegantissimo rosa tenue e un perlage tanto persistente quanto fine, ma è nei profumi che mostra tutta la sua classe proponendo un mix delicato di frutti di bosco (ribes e fragoline) e fiori di campo (rosa canina), con un degno contorno agrumato e speziato. Freschezza, sapidità e morbidezza in straordinario equilibrio. Cinque anni sui lieviti ed altri 6 mesi in bottiglia dopo la sboccatura. Eccellente, per non dire unico. Voto: 95
MOSNEL – Franciacorta Extra Brut Ebb 2014, alc. 12%, (biologica certificata). Chardonnay in purezza, giallo paglierino splendente, perlage fine e persistente. Olfazione caratterizzata da note più “dolci” (camomilla, caramella) che fresche (limone, clementina), con un sottofondo delicato di mimosa. Al gusto freschezza e sapidità in perfetto equilibrio. Persistente. Tre anni sui lieviti. Fra l’ottimo e l’eccellente. Voto: 89
RICCI CURBASTRO – Franciacorta Dosaggio Zero Gualberto 2009, alc. 12,5%, (biologica certificata). Uvaggio di pinot nero (70%) e chardonnay (30%), si presenta con un didascalico giallo paglierino brillante e un perlage persistente e fine. Profumi di erbe aromatiche (timo e maggiorana) e fiori di campo (biancospino) in primis, segue il fruttato come la nespola e il pompelmo. Al gusto si inseguono freschezza e sapidità, entrambe molto persistenti. Sei anni sui lieviti e altri 6 mesi in bottiglia dopo la sboccatura. Eccellente. Voto: 92
UBERTI – Franciacorta Brut Satén Magnificentia 2014, alc. 12,5% (biologica certificata). Chardonnay in purezza, colore paglierino brillante, lucentissimo, bollicine fini e interminabili. All’olfazione in evidenza gli agrumi (bergamotto) e la mela verde e un lieve sentore tostato (nocciola), di contorno profumi freschi di fiori di campo. All’assaggio mostra grande struttura, dove la freschezza e la sapidità sono felicemente bilanciate da una inaspettata morbidezza. Due anni sui lieviti. Finale lunghissimo. Eccellente. Voto: 93
Che cosa dire ? Incredibile qualità, una media così alta è veramente difficile trovarla per altri spumanti d’Italia e fuori d’Italia. Sperando in un futuro ancora migliore, per ora, tutti in piedi ad applaudire e…
alla salute, fratelli !